Nella memoria della gente di Fornace c'è radicata la convinzione, ed è pronto a giurarlo, che la
filodrammatica sia sempre esistita. È un po' azzardata questa convenzione, ma, per non crearmi
antipatie, sono propenso a crederci, anche in considerazione dell'attenzione che gli abitanti
del paese, e non solo, hanno sempre riservato alla compagnia teatrale.
Mi limiterò, tuttavia, a considerare gli ultimi trent’anni O poco più per tracciarne la storia,
pieno di successi derivati da un grande amore per il palcoscenico e la serietà con cui, da sempre,
ha affrontato ogni messa in scena.
Alla domanda: qual è la motivazione principale che vi spinge a fare teatro?, l'attuale regista
Camillo Caresia rispose, qualche anno fa: penso proprio che sia il teatro, quello fatto bene.
Sospinti da questa motivazione, ne hanno fatto molto di teatro "fatto bene" i filodrammatici
della “San Martino”, fin dalla sua costituzione per opera di un prese, don Corrado Calliari,
nel 1976, che ha cercato di imprimere a un gruppo di giovani l’amore per il teatro, rappresentando
testi che fanno ormai parte della storia del teatro trentino, uno dei quali il più ricordato:
“En malgar ma che om!”.
Il primo regista a dare una fisionomia alla compagnia fu Lino Roccabruna. Sotto la sua direzione,
il gruppo veramente affiatato partecipò per la prima volta al concorso “Sipario d’Oro” con un
testo dello stesso Roccabruna dal titolo:”El Bruneto Pim Pom Pam”, facendosi successivamente
conoscere nell’ambito del teatro amatoriale con “La not de le streghe”; ma lo spettacolo più
travolgente per quel periodo, testimonia la stessa compagnia, fu “El Pero Pocio e so fradel gemel”,
adattamento in dialetto trentino di Mario Roat da “I due gemelli veneziani” di Carlo Goldoni,
cavallo di battaglia della filodrammatica, rappresentato più di 50 volte. Sulle ali di questo
successo, la filodrammatica "San Martino” affrontò alla fine degli anni 80 un testo diverso e
non semplice, sogno nel cassetto di Lino Roccabruna: “Migole de mondo” di Marcello Voltolini.
Vincendo le resistenze dell'autore, che non ero d'accordo di affidare a una filodrammatica che
non conosceva, la riedizione di un lavoro che egli stesso aveva replicato per oltre 50 volte,
parecchi anni prima, con la sua compagnia, il regista riuscì a convincerlo delle capacità della
sua filodrammatica invitandolo ad assistere ad una replica del “Pero Pocio”. Marcello Voltolini
si convince del valore del gruppo e il sogno nel cassetto divenne realtà. Parteciparono al “Sipario
d’Oro” del 1990 e vincere il premio per la migliore Regia, il premio per la migliore Scenografia
e il premio del Pubblico, più la segnalazione a due caratteristi.
Non contenti, allestirono un altro testo di grande difficoltà, quasi tabù per le filodrammatiche:
“Re Arturo da Trent” di Andrea Castelli. Difficile dire qualche cosa di questo testo -dicevano
nella presentazione- che tanto ci ha fatto divertire e soffrire durante l’allestimento. Già,
il confronto è molto forte (con gli “Spiazaroi”), una sfida pericolosa; è importante presentare
uno spettacolo dignitoso, che diverta chi vuole onorarci della propria presenza alle rappresentazioni.
Parteciparono con questo spettacolo al “Sipario d’Oro” del 1992 e tornarono a vincere il premio
per la migliore Regia e quello per la migliore Scenografia. La compagnia era composta da un numero
imprecisato di componenti, comunque tanti: per questo lavoro c’erano in scena 19 interpreti con
l’assistenza di una quindicina di persone addette alle scenografie, alle musiche, alle luci,
ai costumi e al trucco; ricordo che quando parteciparono, al teatro dell’Arcivescovile, alla
rassegna “Mario Roat”, non contenti di tutto ciò che rappresentavano sulla scena, avevano a disposizione
un’orchestrina che suonava negli intervalli accompagnando dei canti scatenati.
Ma poi deve essere successo qualcosa tra regista e compagnia, perché per la commedia successiva
trovammo il nome di Camillo Caresia alla regia.
Era il 1994 e, sotto l'attenta regia di Camillo Caresia, la filodrammatica mise in scena “Furberie”,
adattamento dello stesso, tratto da “Le furberie si Scapino” di Moliere, con il quale partecipò
nuovamente al concorso “Sipario d’Oro” ricevendo ben cinque riconoscimenti: Migliore Scenografia
- Migliore Attore (Remo Caresia) - Migliore Regia (Camillo Caresia) - Premio del Pubblico - Miglior
Spettacolo con la seguente motivazione : Semplicità e fantasia.
Per la nostra filodrammatica - scrivevano su “Almanacco 96” - è stato il momento più gratificante,
in cui sono stati riconosciuti anni di lavoro e di ricerche continue di nuove idee.
Nella stagione 1995/96 misero in scena, in collaborazione con la filodrammatica di Civezzano,
“Ma per fortuna è una notte di luna” di Ermanno Casarsa, sotto la regia di Camillo Caresia e
Roberto Claudiani, lavoro con il quale parteciparono ancora al “Sipario d’Oro” conquistandosi
tre importanti riconoscimenti: Miglior Attore caratterista (Roberto Claudiani) - Miglior Regia
(Camillo Caresia e Roberto Claudiani) e Miglior Spettacolo.
E non solo al “Sipario d’Oro” la “S. Martino” partecipò, ma anche ad altre manifestazioni, come
ad esempio all’edizione 1999 di “Palcoscenico trentino - Premio Mario Roat”, nel quale, con il
lavoro “Non sparate sul postino”, Remo Caresia fu riconosciuto “Miglior Attore” della rassegna.
Nel 2000 questo instancabile e agguerrito gruppo ritornò al “Sipario d’Oro” e ritornò a vincere
con “Scondirole e pipacul”, un adattamento di Camillo Caresia da “Il giorno della tremarella”
di Franco Roberto. Dopo due realizzazioni in lingua italiana, la compagnia era ritornata alle
origini dialettali. Si aggiudicò il premio alla “Scenografia”, “Miglior Attore” (Remo Caresia),
“Premio del Pubblico” e “Sipario d’Oro” con la seguente motivazione: “Gradevole armonia dell’insieme,
invidiabile affiatamento tra gli attori, gentilezza interpretativa di prim’ordine.
2002 - altra realizzazione, altra partecipazione al “Sipario d’Oro”. Il testo scelto fu “L’Antenato”
di Carlo Veneziani nell’adattamento di Camillo Caresia. Risultato: “Miglior Attore” (Alfredo
Stolf) e “Miglior Spettacolo”. Rispondendo a una domanda in un'intervista per “Teatro per Idea”,
Alfredo Stolf, molto modestamente, diceva: questo è il mio secondo spettacolo e mi è stata data
la possibilità di interpretare la parte principale, assieme a quella di Remo. Secondo me, c'è
stata un po' di bravura da parte mia, però sono stato aiutato molto da una parte molto bella,
e la parte aiuta molto l’attore che ha così modo di esprimersi. Devo ringraziare gli altri che
mi hanno aiutato: il regista Camillo Caresia, Remo Caresia e tutti gli altri che mi hanno dato
la possibilità di capire il personaggio, se non riuscivo ad inquadrarlo bene da solo.
2004 - Ennesima partecipazione al “Sipario d’Oro” e quinta vittoria del massimo premio, accompagnato
da quello del Pubblico, con l’allestimento di “Io coccole, tu frottole” di Ray Cooney. Pubblico
e giuria avevo notato l’evidente sintonia di gruppo che sicuramente nasce oltre il perimetro
scenico e che portava evidentemente ai risultati importanti che si ripetevano nel tempo.
Siamo nati assieme, abbiamo giocato a pallone insieme, alcuni sono pompieri assieme, altri sono
stati e sono alpini assieme… Siamo un gruppo, prima nella vita, poi sul palcoscenico - affermava
Dino Caresia, e Camillo ribadiva: probabilmente, questa forza che c'è all'interno del gruppo
traspare anche sul palcoscenico. Quando sul palco funzionano certi meccanismi, è perché dietro
c'è qualcosa che funziona forse meglio che davanti.
E siamo giunti alle produzioni più recenti: “Spiazi de mati a mazi” del 2007, adattamento e
traduzione in dialetto trentino di Camillo Caresia da “Un cortile come tanti” di Claudio Salomoni.
E l'ultimo spettacolo, in ordine di tempo, del 2009: “Viagio de sol andata”, un testo scritto
con grande passione e dedizione da Dino Caresia, che lo presentava così su "Teatro per Idea"
nel giugno del 2010: “Viagio de sol andata” è un viaggio nella memoria, è un viaggio attraverso
i sogni e le speranze di gente contadina, semplice e umile che alla fine dell’800 lasciò in massa
la terra trentina martoriata dalla crisi economica, dalle continue guerre, dalle terribili alluvioni
del 1882 e 1885. Interi paesi si spopolavano: decine, centinaia, migliaia di persone, intere
famiglie partirono; fu una vera epopea. E per molti fu un viaggio di sola andata. Come non presentare
un testo del genere al “Sipario d’Oro” del 2009?
Lo presentarono, infatti, si aggiudicarono il Premio del Pubblico, il Premio messo in palio
dalle Casse Rurali, ma soprattutto il Premio alla promessa del teatro amatoriale, assegnato a
Clarissa Caresia con una motivazione che, penso, la giovane attrice si porterà nel cuore per
sempre e che è già stato evidenziato da “Teatro per Idea” ed io qui riporto: Con la disinvolta
sicurezza dà ammirevole continuità a un’esemplare tradizione teatrale di famiglia e di continuità,
riassumendo in sé il senso di una rappresentazione corale eticamente nobile in cui un intero
paese, a partire dai suoi più giovani abitanti, scava nella propria storia e mette in scena sofferenze
e speranze del passato per dare risposte di civile consapevolezza e maturità ai problemi d’oggi.
Clarissa diventa così testimone di un Teatro che sa costantemente rinnovarsi perché, parafrasando
Shakespeare, è della stessa sostanza di cui sono fatti…gli uomini.
Accanto a questa giovane “protagonista”, ricordiamo gli altri che hanno reso grande questa compagnia:
e tutti gli altri nostri attori